Pubblico alcuni percorsi didattici, che prendono le mosse dai miei libri, e non solo. Possono essere di aiuto agli insegnanti che vogliano approfondire alcuni temi. Alcuni percorsi sono stati elaborati da me, altri da colleghe e colleghi che mi hanno autorizzato a pubblicarli in questo sito.
Il progetto SCARPETTE COLORATE mi è stato sollecitato dalle manifestazioni che si rinnovano negli anni contro il femminicidio, nel corso delle quali si crea e si espone un tappeto di scarpe rosse, che simboleggiano le donne violentate e uccise. Ogni paio di scarpe, reperito attraverso l’attivazione di una rete di solidarietà, rappresenta una donna e la traccia di una violenza subita. Sistemate ordinatamente lungo un percorso urbano, le scarpe ne ridisegnano lo spazio e l’estetica, visualizzando una marcia di donne assenti, un corteo che sottolinea il dolore che tale mancanza provoca tanto a livello sociale quanto familiare.
Personalmente rimango ogni volta molto turbata dalla vista di quelle scarpe, simbolo di un dramma che al momento sembra essere inarrestabile. E il mio pensiero va alle bambine che apprendono le notizie dai media, vedono quelle manifestazioni (anche in televisione), ne comprendono la valenza simbolica e camminano verso il loro futuro di donne con questo senso di terribile minaccia che le riguarda. Riguarda anche i bambini ovviamente, ma credo che non vivano quel senso di minaccia sulla propria pelle.
Come aiutare le bambine e le ragazze? Come aiutare anche i bambini e i ragazzi?
Per rispondere a questa domanda ho pensato che la scuola può fare più di quanto abbia fatto fino ad oggi. E soprattutto in modo più sistematico, pensando a dei percorsi pluriennali che approfondiscano l’argomento da più punti di vista.
I principali riferimenti normativi sono rappresentati dall’articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani e dall’articolo 3 della nostra Costituzione:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Leggendo questo articolo, e in particolare il suo secondo comma, chiediamoci: Oggi, in Italia, possiamo parlare allo stesso modo per uomini e donne di libertà e uguaglianza? Per bambine e bambini? Per ragazze e ragazzi?
Cominciamo con un occhio alle date importanti nella lotta delle donne italiane per l’uguaglianza e la parità: fino al 1919 le donne italiane non avevano diritto di lavorare senza l’autorizzazione del marito; fino al 1946 le donne non avevano pieno diritto di voto (attivo e passivo); fino al dopoguerra a scuola sono andati più maschi che femmine, specie in situazioni di difficoltà economiche che costringevano a scegliere chi mandare a scuola (e in genere si preferiva far studiare i maschi); solo nel 1963 in Italia sono istituite le classi miste; nel 1972 si legalizza la pillola contraccettiva; nel 1978 è legalizzato l’aborto; nel 1996 una legge contro la violenza sessuale stabilisce che lo stupro è reato contro la persona e non contro la morale; nel 2000 si istituisce il congedo parentale in base al quale anche i papà possono assentarsi dal lavoro per accudire i figli; nel 2002 si approva una modifica all’articolo 51 della Costituzione per sancire le pari opportunità nell’accesso ai pubblici uffici e alle cariche elettive.
Gli insegnanti possono scegliere di quali tappe parlare, ma è giusto che bambine e bambini sappiano com’è stato faticoso questo percorso verso la parità, ancora da completare.
Parlare di queste tappe significa anche, ad esempio, fare interviste in famiglia o analizzare i personaggi di libri o film per vedere comportamenti e ruoli sociali.
Ci sono organizzazioni internazionali come Unicef, Terre des hommes (vedi in particolare la campagna Indifesa) ed altre che offrono dati, studi, informazioni, progetti.
Si possono analizzare gli stereotipi di genere, duri a morire.
Che cos’è uno stereotipo? È un’opinione precostituita, non basata su un dato di fatto oggettivo ma molto radicata nel pensiero comune. Ad esempio, molto diffusi sono gli stereotipi di genere: chi dice che “alla cura dei figli e della casa sono più adatte le donne che gli uomini” non riporta un dato reale ma solo un modo di pensare che dipende per la gran parte dal fatto che tradizionalmente le donne si sono occupate della casa e dei figli molto più degli uomini. Allo stesso modo affermare che “il calcio è uno sport maschile per eccellenza” equivale a negare che in realtà le donne sono perfettamente in grado di raggiungere ottimi risultati. Basta pensare che nel 2018 la nazionale maschile non ha ottenuto la qualificazione al mondiale mentre la nazionale femminile se l’è aggiudicata.
Si può sottolineare il contributo scientifico, spesso trascurato, offerto da tante donne che hanno dovuto affrontare difficoltà e ostacoli perché insidiavano la supremazia maschile. Un esempio clamoroso di questo è rappresentato dalla storia della ricercatrice Rosalind Franklin (1920-1958), che condusse tutti gli esperimenti che le permisero di fotografare ai raggi X la struttura del DNA.
Si può affrontare il tema analizzando l’uso che la pubblicità fa delle donne e del loro corpo.
Si possono analizzare i libri di testo per vedere quali modelli femminili e maschili sono proposti.
Si può parlare dei sogni/progetti di vita e di lavoro dei nostri bambini e bambine, difendendo per tutti, maschi e femmine, la libertà di realizzarsi come persone indipendentemente dall’essere maschi o femmine destinati ad accollarsi dei ruoli (la femmina che deve occuparsi della famiglia; il maschio che deve guadagnare per la famiglia).
Si può esplorare il paese o la città in cui viviamo, andando a vedere i nomi delle strade, le statue, le lapidi, per capire se anche in questo si può leggere un diverso riconoscimento dato a uomini e donne del passato.
Oppure si possono percorrere strade nuove, che ciascun insegnante voglia percorrere per promuovere nei bambini una consapevolezza crescente dell’importanza di essere autentici, di credere in se stessi, di rispettarsi, di apprezzare l’originalità e l’unicità di ciascuno. E di capire che la forza di un gruppo nasce dalla sua coesione, dalla stima reciproca, dall’affetto, dalla solidarietà.
“Scarpette di tutti i colori” è la festa delle scarpette variamente colorate che rappresentano il cammino di pace e di rispetto di ciascun bambino e ciascuna bambina.
Di pari passo. Percorso educativo contro la violenza di genere, di Nadia Muscialini, ed. Settenove. Il sogno di Rossociliegia di Shirin Yim Bridges, Giunti
Maschi contro femmine, di Silvia Vecchini, Mondadori
Quante tante donne. Le pari opportunità raccontate ai bambini, di Anna Sarfatti, ed. Mondadori